Nella Sicilia orientale le calde acque siracusane attiravano sotto costa numerosi branchi di tonni. La loro pesca ha costituito per secoli una delle principali fonti di sostentamento dei siracusani, l’industria primaria della provincia prima che arrivasse il petrolchimico. Nell’Ottocento una cinquantina di tonnare erano ubicate in molte coste della Sicilia, con una maggiore concentrazione lungo quelle trapanesi, palermitane, messinesi e siracusane. Non si faceva niente per attirare i tonni, semplicemente si aspettava il loro passaggio per intrappolarli nelle tonnare fisse, cioè nel sistema di reti calato appositamente in mare, a un miglio di distanza dalla costa.

tratto da: Annalena Lippi Guidi “TONNARE TONNAROTI e MALFARAGGI DELLA SICILIA SUD-ORIENTALE”  Il territorio della contrada di Terrauzza, nonostante le trasformazioni economiche e sociali accentuatesi particolarmente nel secondo dopoguerra, conserva ancora qualche espressione originale del paesaggio ottocentesco. Le ultime masserie, qualche coltura pregiata e la tonnara sono manifestazioni segniche di valori umani e territoriali impiantati su tradizioni secolari.

A primi del secolo scorso due grandi feudi esistevano su queste terre, il feudo Milocca e il feudo Isola del barone Montalto insieme ai tenimenti del barone Bianco. L’assetto paesaggistico- agricolo testimonia con i suoi vigneti e i pingui seminativi l’incidenza economica dell’agricoltura.
Le masserie settecentesche e le case rurali dominavano le coltivazioni segnando il dominio della grande e media proprietà feudale.
La tonnara di Terrauzza, inserita nel feudo Milocca, tra il mare a sud e le terre del feudo Milocca a est e a nord, pur con le sue danneggiate strutture agricole e pescherecce, contribuisce a testimoniare la forza di eredità umane molto resistenti.
Nel 1689 l’esercizio di pesca di Terrauzza fu venduto dalla Regia Corte all’Ordine dei Minimi (sotto il titolo di San Francesco di Paola della città di Siracusa) e rimase appannaggio di quel convento a lungo, figurando ancora nell’elenco dei beni e delle rendite arcivescovili della diocesi siracusana nel 1871.In seguito ad una diminuzione del pescato della seconda metà dell’Ottocento, la tonnara insieme alle altre minori di Fontane Bianche, Ognina e Sta in pace furono prese a censo dal principe di Villadorata, per essere inutilizzate. Fontane Bianche e Terrauzza furono poi rimesse in funzione, mentre le altre si spensero.

L’edifìcio settecentesco strutturato in un unico corpo, anomalo rispetto a quello delle grandi tonnare, fu adattato per servire funzionalmente una piccola azienda di pesca, alla quale non fu necessario affiancare uno stabilimento.
Quando la pesca era particolarmente ricca, si sollevava la camera della morte non completamente in modo da creare una specie di vivaio, da cui catturare con calma i tonni nella quantità richiesta.

Sulla fronte rivolta alla strada erano le casette dei marinai, (attualmente semitrasformate da un recupero abitativo interrotto), sul lato prospiciente il mare era una grande loggia, preceduta da una statua di San Francesco da Paola, con il “bilico” per la pesa del pesce, i magazzini per il deposito degli ordigni e sotto l’impennata un piccolo ricovero invernale per due barche. Tutte le altre imbarcazioni, comprese le muciare attendevano il ritorno dell’estate, tirate a secco sulla sottostante riva erbosa. Al piano superiore era l’abitazione dei proprietari, fornita di due cucine e di grandi camere. All’interno un piccolo tesoro nascosto: un piccolo giardino-orto dove viti e fichi fornivano dolci frutti.
La destinazione agricolo-peschereccia della piccola tonnara, messa in opera da una ciurma di 20 uomini, consentiva contemporaneamente lo svolgimento del lavoro nei campi, che consistente in età ottocentesca trova conferma negli atti di gabella dove il proprietario si riservava di escludere dal contratto la stalla, la pagliera e la casa rurale.

Neil’Atlante dei Beni culturali Siciliani, Palermo, 1988 cit. la tonnara di Terrauzza appare come “masseria tonnara”.


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