Forte sconto fiscale per incentivare le vendite alle Aste. Chi compra paga 200 euro invece dell’imposta di registro (9%)
Gli immobili vengono venduti alle aste giudiziarie solo alla seconda o terza “seduta” e quindi, per effetto degli sconti (25% ad ogni vendita senza offerte che dava adito alla successiva) quasi a metà del prezzo della perizia.  L’ultima norma potrebbe essere decisiva per stimolare gli acquisti: l’eliminazione della tassa di registro (del 9%, salvo agevolazione del 2% per la prima casa) sostituita da un importo fisso di 200 euro. Così, su una casa del valore di 500 mila euro, l’imposizione passa da 45 mila euro a 200 euro.

Secondo l’autore della normativa, chi vorrà acquistare tramite l’asta avrà subito un enorme beneficio di carattere fiscale che servirà a incentivare la partecipazione alla procedura senza dover attendere troppi ribassi: una vendita più celere e senza eccessivi ribassi del prezzo. Salvo, in realtà, un’ulteriore opportunità per il compratore: beneficiare in ogni caso dei ribassi e al tempo stesso della ridotta imposta di registro che si applica su ogni vendita e non solo su quella che si conclude alla prima seduta d’asta quando il prezzo base è quello dell’autore della stima/valutatore. Lo “sconto” prevede però una condizione: l’immobile deve essere rivenduto entro due anni. Una clausola inaspettata che, in pratica, non favorisce chi intende comprare un immobile per proprio uso, bensì per chi effettua l’operazione (una, dieci, cento e oltre) solo per speculare. Si dà per scontato che chi compra lo fa (“deve”, per conservare il bonus) per rivenderlo, evidentemente con un guadagno. Può essere un singolo risparmiatore che ha trovato così il modo di un incasso da provare una o due volte. Come una grande organizzazione (grossi investitori, banche ecc.) che potrebbero fare incetta di immobili per poi rivenderli. Anche le stesse banche, come abbiamo visto, che così supererebbero la normativa che impedisce loro di vendere direttamente gli immobili ottenuti in garanzia per i prestiti concessi. Si intuisce così come due importanti istituti di credito si siano organizzati per mettere su un particolare settore dedicato, appunto, alla vendita di immobili.

Certo è che con la quasi totale eliminazione dell’imposta di registro si riverserà sulle aste un’ulteriore massa di risparmiatori che già avevano imparato a valutare la convenienza di questi acquisti. Il loro aumento, inoltre, è giustificato dalla crescita del numero delle aste immobiliari. In Italia nel 2014 è stato toccato il vertice delle 76.675 aste con un aumento di quasi il 58% rispetto al 2011. Un trend diverso da regione a regione: si va dalla Lombardia che ha registrato un aumento doppio (da 7.472 a 14.216 aste) alla Puglia con incremento minore (si è passati da 5153 a 6226 unità). Nella classifica attira l’attenzione l’aumento record della Valle d’Aosta (da 159 a 1265 aste) come l’andamento in Basilicata (da 334 a 604 vendite). Un settore, quello delle aste giudiziarie, molto importante anche per le banche. Soprattutto in questi momenti, per molte di loro, di crisi per le “sofferenze” di debiti incagliati e coperti da immobili che non si riesce a vendere in tempo breve ed a prezzo “giusto”. Inconvenienti che si tenta di risolvere con le recenti normative. «Mettere i debitori subito fuori dalle case pignorate: la vendita all’asta così sarà un gioco da ragazzi che non richiederà più i lunghi tempi dettati dalla necessità di attendere il ribasso del “prezzo base”.

Dal Governo, infatti, è arrivata ieri una misura volta ad accelerare i pignoramenti immobiliari, incentivando le stesse banche che  agiscono in esecuzione forzata contro chi non paga le rate del mutuo ad  acquistare l’immobile da loro messo all’asta», si legge nel sito La legge per tutti, informazioni e consulenze legali che approfondisce la nuova normativa. «La nuova norma, contenuta nel “Decreto Salva Banche” si legge ancora con l’obbligo di rivendere l’immobile entro due anni connoterebbe la misura di una valenza ancor di più speculativa: il bonus, infatti, non andrebbe a chi partecipa all’asta per destinare il bene a propria abitazione o casa vacanza o come investimento, bensì a chi sfrutta l’opportunità della procedura giudiziaria al fine di trarre un ulteriore beneficio dal successivo atto di vendita.

L’agevolazione spetta per i beni acquistati entro il 31 dicembre 2016, salvo successive proroghe, e riguarderà anche gli acquisti fatti da persone fisiche. I siti di aste giudiziarie saranno, da oggi, presi d’assalto. Si intuisce che l’obiettivo del governo non è tanto aiutare i debitori esecutati bensì accelerare le procedure concorsuali, tema connesso con quello della garanzia pubblica sulle cartolarizzazioni che abbiano come sottostante le sofferenze bancarie, perché è chiaro che le sofferenze valgono poco se i tempi di recupero sono lunghi.

Attualmente la durata media dei processi civili nei tre gradi di giudizio è di 8 anni e 7 mesi, con 844 giorni per una sentenza di primo grado, 1.061 per l’appello e ben 1.222 giorni per la decisione definitiva della Cassazione. Proprio la durata dei processi e la farraginosità del sistema che consente alla banca-creditore di far andare all’asta un bene posto a garanzia (per esempio una casa o un capannone industriale dato in ipoteca) rallentano lo smaltimento delle sofferenze da parte delle banche. Tra le misure che agevolino la valorizzazione dei beni (spesso fortemente svalutati nelle esecuzioni) ci sarebbe la cancellazione dell’imposta di registro per l’acquisto alla aste giudiziarie effettuate entro l’anno. C’è poi sul tavolo dell’esecutivo lo schema di un disegno di legge-delega in materia di diritto fallimentare. Tra le novità studiate dal governo, il varo di una sorta di «Borsa dei fallimenti» che consenta di acquistare i beni posti in vendita da tutte le procedure concorsuali ed esecutive su un mercato telematico nazionale.